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CartaigienicaCi eravamo già occupati della vicenda del Teatro dell’Opera di Roma, i cui recenti sviluppi vedono la conferma del licenziamento collettivo degli artisti del Coro e dell’Orchestra. Il mancato raggiungimento di un accordo positivo ci spinge a ulteriori riflessioni che riguardano un’evidente deriva istituzionale generale.
La questione sta, a nostro avviso, nella separazione che viene oggi marcata sempre di più tra l’amministrazione, l’organizzazione e la gestione delle istituzioni da una parte – in un certo gergo tecnico si preferirebbe dire dei sistemi –  e, dall’altra, i contenuti e i valori caratterizzanti le istituzioni stesse.
L’importanza attribuita agli apparati di gestione economica dei sistemi rispetto a quella concessa ai contenuti e ai valori per cui le istituzioni stesse sono state fondate è oggi pericolosamente sproporzionata a favore degli amministratori e a scapito dei produttori di contenuto. Ciò vale per numerosissime istituzioni pubbliche le quali sono diventate o stanno per diventare involucri amministrativi vuoti che appaltano ad altri tutta la creazione del quid, traendola dall’esterno, e rinunciano al loro ufficio originale di produttori di contenuto, cioè al loro senso e valore originario.
Una tale devianza è evidente in molte istituzioni – anche nelle università, per esempio – ed è bruciante nella decisione del Teatro dell’Opera di licenziare tutti gli artisti, provvedimento che svuota di fatto il Teatro dei propri contenuti e valori intrinseci e rimanda all’esterno la ricerca delle maestranze adatte alla propria attività istituzionale, quella di natura artistica.
Non è solo una questione di etica istituzionale quella che solleviamo, ma è anche un discorso tecnico che contrasta con l’assioma secondo cui ogni sistema è uguale all’altro e nulla lo identifica specificamente rispetto ai contenuti e ai valori che vuole produrre. Questo è un discorso caro ad alcuni economisti e ad alcuni informatici, secondo cui trattare di sampietrini o di anime del purgatorio è, alla fine, la stessa cosa: si tratta pur sempre di numeri. Riferendoci a questa convinzione malsana, eppure silenziosamente assai diffusa, sembra appunto che amministrare la produzione di un Teatro d’Opera sia più o meno la stessa cosa che gestire la produzione di carta igienica: si governano pur sempre, in fondo in fondo, soldi, lavoro e produttività.
Senza nulla togliere alla carta igienica, accessorio indubbiamente indispensabile, tuttavia riteniamo che questo sia un errore colossale che snatura il senso istituzionale, determina una perdita irrimediabile in termini di valori tecnici e collettivi e rivela, in chi persegue questo obiettivo, un’ignoranza senza pari.
Nella musica tutto ciò è particolarmente chiaro poiché, come abbiamo già osservato, un coro o un’orchestra non sono soltanto la somma dei suoni di tutti gli esecutori, ma qualcosa in più, qualcosa che si acquista con la frequentazione collettiva continua e un processo di affinamento lungo e faticoso.

… indubbiamente l’interprete della musica ha caratteristiche che lo distinguono da qualsiasi altro tipo d’interprete, per la difficoltà del suo compito, per l’altissimo grado di specializzazione richiesta, per la delicatezza e la responsabilità di cui viene investito dal momento che a lui è affidato il compito di far vivere l’opera musicale stessa e di comunicarla al pubblico, e che senza di lui l’opera musicale è muta e di fatto inesistente.
E. Fubini, Estetica della musica

In secondo luogo, il gesto clamoroso quasi di rivalsa nei confronti dei pretenziosi artisti troppo sindacalizzati ha di fatto affermato che nella considerazione di chi amministra il Teatro la perizia, la competenza, la specializzazione e il valore di appartenenza degli artisti del Teatro non valgono proprio niente e sono, per chi gestisce il Teatro, un accessorio assolutamente insignificante: tutto al contrario della carta igienica.
Ma oltre a questo, tramutare il Teatro da luogo di produzione di contenuti, in agenzia di gestione amministrativa dell’evento teatrale, annulla il senso istituzionale di un centro culturale in cui un’intera comunità potrebbe e dovrebbe riconoscersi e sentirsi espressa.

Molti sono i segnali urlati da questa vicenda, segnali che dovrebbero far riflettere quei pochi eroici giovani che stanno per intraprendere la difficilissima carriera di musicista, che stanno per imboccare un lungo e faticosissimo percorso di formazione musicale che li porterà, dopo anni di studio e sforzi incredibili, ad una competenza e una specializzazione di alta qualità.
Non è forse più utile, conveniente e desolante accontentarsi della carta igienica?