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AzzeccagarbugliUna riunione condominiale. Un giovane condomino mai visto e moroso interviene per contestare il proprio antico debito nei confronti della comunità, minacciando una costosa causa in tribunale e dicendo che, poiché egli è avvocato, può assicurare che le cose stanno come dice lui: «La legge è legge, ma la giurisprudenza tuttavia, spesso…»
Intervengo a difesa dell’Assemblea, la quale nel passato aveva già discusso in libertà, già deliberato in democrazia e già pagato la propria giusta rata per i lavori di ristrutturazione. Il condomino, a mio avviso, avrebbe potuto partecipare e manifestare ben prima le proprie ragioni, per tentare di modificare le decisioni e, soprattutto, la ripartizione delle quote comuni. Invece, dopo anni di assenza, al momento dell’estrema sollecitazione, vuol farci credere che la divisione adottata è errata a suo danno, che a lui non spetta di pagare così tanto e insiste: «Io son avvocato, vi posso assicurare…».
La cosa non mi convince per niente e, come Renzo ai tumulti di S. Martino, divento capopopolo e proseguo il mio discorso, col sostegno e l’assenso di quasi tutto l’uditorio. M’infervoro a tal punto nel clima manzoniano che, d’un tratto e quasi d’istinto, farcisco la mia arringa con un cenno d’effetto, tutto letterario: «Ma via! Sembra quasi di combatter con Azzeccagarbugli!»
A quel nome, ero certo, tutti avrebbero annuito, sorridendo e ricordando le pagine del capitolo terzo che a scuola avevano letto con fatica e sottile disprezzo, in gioventù: un vero colpo di retorica che avrebbe convinto gli ultimi incerti e portato l’uditorio tutto dalla mia parte.
Invece… niente.
Quel nome, come una folata invernale in piena estate, ha solo raggelato d’improvviso il calore del mio discorso, nell’incomprensione generale della comune ignoranza condominiale. Con gli occhi attoniti e interrogativi, nessuno ha capito che parola abbia detto, di chi stia parlando e tutti mi chiedono, con le palpebre spalancate, chi sia mai quell’Azzeccagarbugli.
Sul momento non posso rispondere alla domanda, né farmene altre di universali, e invece sposto prontamente le mie ragioni dal ramo del Lago di Como alle tabelle millesimali, incontrando di nuovo l’attenzione del pubblico e così volgendo al termine, celermente.

L’episodio m’ha fatto poi ripensare, quant’è vero che il sapere ha mille facce.
Qualche giorno fa discutevo con mia moglie insegnante se oggi abbia ancora senso far leggere a scuola i Promessi sposi, ma ora mi chiedo che senso abbia avuto farlo leggere a generazioni e generazioni, se nemmeno una figura così caratteristica, italianissima e quasi un luogo comune com’è l’avvocato Azzeccagarbugli, abbia potuto far presa nella memoria degli scolari, oggi divenuti condomini attempati.
E poi, io che in quel momento non ho sopportato il sopruso tentato e ammantato d’avvocatura e ho preso subito le parti dell’Assemblea, l’ho fatto perché son più furbo e coraggioso degli altri, oppure perché ho letto e ricordo il capitolo terzo dei Promessi sposi e così ho potuto riconoscere all’istante in quel giovane leguleio il viso opportunista e camaleontico d’un novello Azzeccagarbugli?

L’incontro tra Renzo e Azzeccagarbugli nello sceneggiato RAI del 1967, diretto da Sandro Bolchi e intepretato da Nino Castelnuovo e Franco Parenti.