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La grande bellezza. SuoreDire che il film La grande bellezza mi sia piaciuto molto, è troppo. Dire che lo rivedrei ancora: sì, lo rivedrei.
La grande bellezza è un film indisponente, un po’ arrogante, decadente non solo per quello che narra, ma per come è fatto: manierista, sfarzoso, crepuscolare, esausto.
Ma è anche un film attraente, misterioso, in cui la mancanza di una vera storia fa soppesare tutte le battute, apodittiche e allo stesso tempo sornione, dall’ironia melensa che, però, rimangono nella memoria, se dette da quei personaggi che ostentano il loro ruolo di icone del nulla.
Antonio me ne ha rammentate alcune:

– Ma tu che lavoro fai?
– Io sono ricca.
– Bellissimo lavoro. […]

– È così triste essere bravi, si rischia di diventare abili. […]

– La più consistente scoperta che ho fatto […] è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare. […]

– Alla mia età una bella donna non è abbastanza. […]

– La grande storia mi passava accanto e io non me ne accorgevo. […]

– Quante certezze, Giovanna, non so se invidiarti o provare una punta di ribrezzo. […]

– Vuole fare lo spogliarello raffinato, ma è il mondo che non è più raffinato. […]

– La famiglia è una bella cosa.
– Ma io non so’ portata per le belle cose. […]

– La gente ti ha deluso?
– Io so’ stato deludente. […]

– Non prenderli sul serio ‘sti scrittori.
– Se non prendo sul serio Proust chi devo prendere sul serio? […]

– Tu perché non hai più scritto un libro?
– Perché sono uscito troppo la sera. Roma ti fa perdere un sacco di tempo […]

– Che cosa avete contro la nostalgia, eh? È l’unico svago che resta a chi è diffidente verso il futuro. […]

Uno degli elementi che mi ha particolarmente colpito del film è la presenza costante delle suore. Ce ne sono tantissime, di vari ordini e con vari ruoli, da quelle inquadrate da lontano sui ponti del Tevere o nei giardini dei loro istituti, alla giovane che prima si inginocchia davanti al botulinatore e poi davanti alla ieratica “santa”, pendant del cardinale che aspira al papato, esorcista da masterchef, senza risposte sulla spiritualità. Proprio la figura della suora centenaria che dorme per terra e mangia radici è il culmine del transito continuo di religiose che accompagna tutto il film.
I film di Fellini sono disseminati di ecclesiastici di passaggio: memorabile è la scena del défilé di moda clericale nel salotto della principessa Domitilla in Roma. Ma, a parte la citazione felliniana, mi piacerebbe conoscere il motivo per cui il film di Sorrentino è così ricco di suore. Per me rimane un enigma.

Proprio ieri, leggendo alcune parole di papa Francesco in un’intervista di Ferruccio de Bortoli sul Corriere, ho ricordato che: «La Chiesa … è femminile dalle origini».