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violinoAvevamo già rilevato, dopo il risalto dato dai media, l’assenza di papa Francesco al Concerto per l’Anno della Fede del giugno scorso. Ora veniamo a conoscenza, ancora tramite i giornali, che il previsto Concerto di chiusura dell’Anno della Fede che doveva tenersi in questi giorni è stato annullato, in linea con il tenore di semplicità e di sobrietà voluto dal pontefice.
Si tratta della diretta volontà del papa o di un eccesso di zelo da parte degli organizzatori? Non lo sappiamo.
Di certo, però, non riusciamo ancora una volta a nascondere il nostro smarrimento. Ci facciamo di nuovo le stesse domande, cioè se soltanto la mondanità del concerto viene programmaticamente evitata da papa Francesco, oppure se c’è qualcosa che non lo convinca proprio nella musica.

Qualche giorno fa la scrittrice Helena Janeczek, intervistata da Alessandro Zaccuri su Avvenire, metteva in evidenza la corporeità del papa, la valenza primaria del gesto nel suo ancor breve pontificato. L’assenza della sua persona, il suo evitare con convinzione l’occasione del concerto è un gesto altrettanto significativo di quanto sarebbe la sua presenza. La musica, purtroppo, e in particolare quella di ispirazione religiosa, subirà le conseguenze di questa mancanza di corpo.
È possibile che l’elemento di mondanità, comunque presente in occasione di un concerto, sia più importante di tutto quello che la musica, da sola, sa e può esprimere? E che quindi, per evitare la mondanità, si debba far tacere la musica?
E ancora, non possiede una altrettanto forte componente di mondanità anche l’udienza generale del mercoledì o l’incontro alla recita dell’Angelus in piazza San Pietro?
Non ci sfugge la differenza tra le due occasioni: la presenza del pontefice a un concerto lo pone al centro d’ogni attenzione, egli riceve gli omaggi di coloro che lo circondano, compresi i musicisti, come un sovrano, invece, durante l’udienza, è il papa stesso al servizio dei fedeli, fornisce loro un indirizzo di vita (assieme a confezioni di Misericordina).

Pensiamo che di fronte alla musica non ci siano sovrani e sudditi, che ascoltando un brano di vera musica questa ci metta di fronte alla verità del nostro essere, non ci consenta di mentire a noi stessi: la musica è profondamente sincera e va ben oltre l’occasione mondana della sua esecuzione. Secoli di pensiero musicale, oggi pressoché incomprensibili e dimenticati, hanno sentito nella musica uno strumento di conoscenza della realtà e di contatto con tutto ciò che va oltre la comune esperienza terrena.
Dunque vorremmo chiedere e attendiamo fiduciosi un chiarimento, un’esegesi, un accenno alla grande tradizione della musica liturgica e di ispirazione religiosa, per capire quale percorso i musicisti potrebbero iniziare a tracciare o se dovranno rimanere muti ancora.