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MashupAlla fine degli anni ’70, i giovani che, come me, seguivano la musica pop-rock, si distinguevano in due categorie: quelli che, irrequieti e scontenti di tutto, si nutrivano all’ascolto del Concept album The Wall dei Pink Floyd e quelli che invece preferivano con leggerezza le atmosfere danzanti e le luminarie della Febbre del sabato sera.
Da una parte c’erano gli arrabbiati che contestavano la scuola canticchiando a denti stretti: We don’t need no education! Teachers, leave those kids alone!
Dall’altra coloro i quali sceglievano di lasciarsi i problemi dietro le spalle e andare a ballare con i pantaloni a zampa d’elefante, Stayin’ alive, comunque.
Si trattava di due modi di concepire il mondo, due Weltanschauung di adolescenti in forte contrapposizione. Solo poche volte si trovava nella stessa persona un sincretismo tra queste due posizioni, nei rari casi in cui qualcuno di giorno contestava le pastoie della società e di notte se ne andava a ballare, ovviamente assai biasimato dai compari delle rispettive compagnie.
Di certo le due visioni erano così distanti che apertamente non potevano essere mescolate.

Mashup è un vocabolo difficilmente traducibile in italiano. Nella musica, la forma che più si avvicina è sicuramente il cosiddetto pasticcio, cioè una composizione musicale realizzata utilizzando parti di altre opere precedenti, in una sorta di collage che non si fa carico di alcun diritto d’autore.
Negli ultimi anni, grazie alla tecnologia digitale, questo modo di far musica si è affermato nell’ambiente dei dj, i quali, non avendo alcuna possibilità di comporre musica del tutto originale, si accontentano di mettere insieme brani di altri autori, sviluppando fino al virtuosismo la pratica dello audio mixing. L’accorgimento fondamentale per questi patchwork musicali è che i brani da mettere insieme siano simili da un punto di vista ritmico, tonale e stilistico.

Dunque, il mio sgomento non è stato poco, scoprendo un perfetto mashup tra Stayin’ alive dei Bee Gees e Another brick in the wall dei Pink Floyd (per vedere e ascoltare, si può cliccare sulla finestra di YouTube qui sotto).
Uno stupore misto a un po’ di rabbia m’ha preso quando ho scoperto che le due canzoni sono praticamente identiche e che si possono cantare una sopra all’altra. In effetti, si tratta della stessa canzone.
Questo no, non me lo aspettavo. Proprio no!

Il muro che separava due antiche concezioni del mondo mi è improvvisamente crollato.
Poi, ho dovuto confessare a me stesso che, anche a quel tempo, pur parteggiando senza esitazione per i Pink Floyd, qualche volta, sotto sotto, mi sarebbe piaciuto fare il Tony Manero e lanciarmi in una danza sfrenata in giacca e pantaloni bianchi…
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