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Il manoscritto Faenza 117

Il manoscritto 117 della Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza è una delle testimonianze più importanti della musica strumentale tardo-medievale: contiene infatti la più antica raccolta di musica per tastiera oggi esistente.
In occasione della pubblicazione da parte di LIM di una splendida edizione in facsimile del manoscritto, corredata da un utilissimo volume di studi curato da Pedro Memelsdorff, sabato scorso a Certaldo si è tenuto un eccellente concerto di David Catalunya comprendente composizioni tratte proprio da questo codice.

David suonava il Clavisimbalum, una sorta di salterio meccanico, uno strumento a tastiera costruito appositamente seguendo le indicazioni tecniche e iconografiche che ci sono giunte dal medioevo. Non ci si illuda che si tratti di uno strumento medievale: si tratta invece di uno strumento odierno, esito di ricerche storico-organologiche molto accurate, è vero, ma pur sempre e inevitabilmente costruito per esecuzioni e pubblico attuali. Uno strumento immaginario, quindi, e anche immaginifico, esotico, strano: lo strumento di un altro mondo.

La musica era anch’essa lontanissima.
Non tonale, se si ascoltava senza legami, faceva pensare a un oriente estremo che spingendosi sempre più a est e girando in tondo torna, dopo un viaggio lunghissimo, alle nostre vecchie orecchie occidentali.
Le  continue, incessanti ripetizioni di poche note attorno a pochi punti di riferimento, tre o quattro dita in un ambito ristrettissimo, suonavano come le iterazioni incantatorie della musica minimalista di Terry Riley o Philip Glass.
Ogni pezzo, soltanto suonato, traeva le sue note principali da canti medievali dedicati all’amore, alle pene d’amore. Nell’esecuzione alla tastiera, le parole poetiche non ci sono, eppure appaiono senza sentirsi e scompaiono insieme. Un messaggio segreto che arriva da lontano.
E la fiducia! Impossibile stabilire se chi stava suonando avesse mai sbagliato, se avesse suonato una nota in più, una nota in meno, una nota per un’altra. Tutto era consegnato alla fiducia che il pubblico ha generosamente dispensato alla forza affabulatrice dell’esecutore e di questa musica: suonavano spinti da una propria intensità d’improvvisazione.

Alla fine, il senso è stato pieno e appagante, come se avessimo assistito a un giuoco di perle di vetro, come se avessimo decifrato un messaggio che proviene da un altro mondo, remoto nel tempo e nello spazio.

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