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JoggingAl primo sole di questa primavera tardiva, ho udito il fermo richiamo della pista ciclabile, palestra a buon mercato.
Come al canto irresistibile di una sirena, ho voltato di getto direzione e, senza neanche cambiare le scarpe, ho indirizzato il mio cammino verso il circuito comunale.
Non sapevo perché, ma sentivo forte di doverlo fare. Il motivo mi è stato subito chiarito: la pista voleva rivelarmi il volto vero, voleva mostrarsi a me com’è realmente, oblungo altare parato al divo Jogging.

Oh pista sacrificale! Tu che accogli i tuoi adepti in un abbraccio circolare, tu che immobile sfianchi i loro ventri straripanti o quei loro leggeri sovrappesi. Tu che puoi svuotar gli ospedali dagli effetti sedentari d’un cibo sregolato, tu che sembri gradire libagioni di colesterolo offrendole al comune calpestio e accetti l’oblazione di fumi trigliceridi bruciati in tuo onore.
Tu m’hai mostrato senza posa un mondo, intento a limitare il mortal pondo!

Le tue vestali chiomate, come vascelli al vento, protendevano poppe ondulatorie e ulteriori esecrate rotondità. I sacerdoti dei tuoi riti pedestri, calvi sovente, ostentavano trippe senza freno e le loro maschere sfigurate, dilaniate dalla fatica. Tutti adempivano al proprio sacrificio pedonale e, provenendo da opposte direzioni, s’incontravano incrociando sguardi attoniti e a volte sbigottiti.
Perché? Perché il vecchio infartuato si muoveva appena sulla corsia di destra, badato da un giovane pachistano? Perché l’avvocato tarchiato e attempatello balzellava indossando paramenti affannati, nuovi di zecca e ovunque firmati? Perché qualche sporadico corpo allenato avviliva senza compassione le membra contratte e appesantite d’ogni persona normale?
Solitari, coppie, amici e amiche, innamorati, coniugi provati tempravano il loro corpo e pur lo spirito.

Ottemperando insieme agli altri la mia offerta, ho raggiunto il traguardo finale con le solite scarpe e poi… sì, mi son sentito meglio anch’io.