Il passato, quello che abbiamo vissuto e quello che invece cerchiamo di recuperare raccogliendo frammenti lontani, è intrinsecamente surreale. Forse è questo l’unico piano fecondo che oggi ancora ci riserva la storia, per altri versi apparentemente del tutto inutile e incapace di guidarci nel presente e nell’immediato futuro.
Una fotottica, un negozio con le pareti coperte in plastica giallina, qualche sedia da bar, quelle di ferro cromato macchiato di ruggine, rivestite col tubolare morbido e sottile, colorato e avvolto a spirale, sbiadito anch’esso.
Nel retrobottega, accanto alle foto in bianco e nero appese ad asciugare, una chitarra in attesa e un vecchio tavolo dipinto di smalto arancione, col piano coperto da un largo foglio bianco fissato coi punti.
Si poteva disegnare lì sopra e scrivere quel che volevi e poi, una volta consumato, c’era sempre sotto un altro foglio, bianco anch’esso, ad accogliere le nuove parole, immagini nuove, risate e nuvole. Su quel tavolo, si giocava a scacchi, si parlava di cinema, di teatro e di libri. Si cercava e si aspettava Godot.
Io ero bambino e sentivo cose che non capivo.
Fu lì che ascoltai per la prima volta De André, Gaber e Jannacci, chiamati per cognome e cantati stonati dai giovani di belle speranze che entravano e poi se ne andavano via. Tornavano a volte, e a volte no.
È stato lì che ho provato l’arpeggio della Canzone dell’amore perduto, ma non sapevo di cantare un concerto di Telemann. E i polpastrelli di prima pelle facevano male sulle corde ossidate della chitarra, diventando lividi e verdi.
Lì dentro ho scoperto la verità de La bugia. Viva la bugia: che bel vizio.
In quel retrobottega ho conosciuto i versi di Cassiano Ricardo, provando a cantare il piripiripipi di Giovanni telegrafista, col cuore urgente, ellittico, senza mai prendere fiato, e ho cercato di tenere il tango da balera del Taxi nero.
Era in discesa, eppure pareva in salita…
Enzo Jannacci, Aveva un taxi nero
…e a volte il passato si ripresenta… in chiave moderna… in una casetta diroccata nel verde di una vigna, con gli amici più cari, una chitarra e i polpastrelli che dolgono ancora…
Sono commosso…