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Quanto durano ventiquattr’ore?
A un congresso di filosofia, almeno una settimana.
A un concerto d’arpa classica… una vita intera.

La testa orologioProprio ieri ho ascoltato in radio la pubblicità di una nota automobile che diceva all’incirca così (ho citato a memoria). Secondo quest’equazione i professori di musicologia, che passano allegramente da un concerto per arpa a un congresso di filosofia della musica diventerebbero precocemente decrepiti e forse così appaiono ai più.

Si può considerare una banalità e quindi non occuparsene più di tanto. Ma i pubblicitari sono tutto, tranne che banali, poiché riescono a muovere il denaro, compito che, nella situazione economica odierna, attribuisce loro una grande responsabilità.
Dunque, mi è parso sorprendente che per promuovere lo spirito scattante e veloce, ritmico di un’automobile, si sia preso a paragone negativo un congresso di filosofia e un concerto d’arpa.
Sappiamo tutti che, per far presa, la pubblicità debba fare appello al senso comune, non arrischiandosi in territori inusitati o metafore ricercate. Proprio questo senso comune nei confronti della filosofia e della musica antica mi è sembrato sbalorditivo, quando mi è apparso in tutta la sua evidenza e chiarezza, espresso così, con sfrontata e beffarda sincerità.
Certamente, manca in quello spot la perfida eccessiva cattiveria di Fantozzi e la Corazzata Potëmkin, alle prese con la demitizzazione del cinema d’essai, ed è anche privo del sarcasmo traboccante della recente dissacrazione del Concerto del Primo Maggio di EELST. Il messaggio rimane in un tono di ordinaria irriverenza che è tipica del falso anticonformismo e invece conferma un solido senso comune. Proprio per questo, tale pubblicità mi appare rilevante.
Non è la musica tout court che non va: è infatti seguitissima e continua a costituire un mercato fiorente. È un certo tipo di musica a non attirare un favore condiviso, cioè quella che sappiamo provenire da lontano, secondo quella percezione generale per cui il passato, la storia sono distanti, noiosi e fondamentalmente inutili.
La filosofia, invece? Chi vorrebbe parlare di metafisica è non solo oscuro, ma anche lento, impacciato e del tutto avulso dalla vita vera, che invece è (o dovrebbe essere) accessibile, veloce, morbida, sensibile, ecologica e silenziosa.
Non mi sembra il caso di insistere (e resistere) ulteriormente: il sentire comune è effettivamente questo.
La musica del passato, la filosofia, la storia determinano soltanto fatica e non forniscono risposte aggiornate ai nostri bisogni. Non partecipano del nostro presente, non facilitano i nostri spostamenti, non ci procurano il piacere della guida, non accrescono la nostra comodità.

Ascolto con sempre maggiore disagio coloro i quali, soprattutto nelle occasioni pubbliche, richiamano al valore unico, imprescindibile del sapere e della cultura, i quali soli – secondo loro – ci potranno salvare. Discorsi che, pur se di poche parole ritrite, m’appaiono durare un’eternità.