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Recentemente, per motivi di lavoro, sto frequentando alcune biblioteche storiche romane. Si tratta di istituzioni di valore inestimabile, per l’antichità e l’importanza del materiale librario in esse conservato – volumi manoscritti e a stampa – e per le loro strutture che testimoniano un’attività illuminata di raccolta e fruizione dei libri che si svolge in quei luoghi da secoli, come vere fucine di cultura.
Inizialmente, sono stato piacevolmente sorpreso dalla quantità di giovani lettori che frequentano queste biblioteche: arrivano la mattina presto e rimangono fino a tarda mattinata e, spesso, anche nel pomeriggio.
Presto, però, mi sono accorto che questi giovani studiosi non arrivano in biblioteca per consultare i preziosi volumi conservati negli antichi scaffali, ma… si portano i libri da casa: manuali di diritto pubblico, economia politica, chimica organica, perlopiù in fotocopia. Insomma, si tratta di studenti universitari che, non avendo a disposizione altro luogo più idoneo allo studio, si recano nelle biblioteche storiche per preparare gli esami, prescindendo del tutto dal materiale conservato in biblioteca e invece usufruendo solamente delle strutture e dell’ambiente, così favorevole alla concentrazione e alla lettura. È certo che questi luoghi, concepiti e costruiti per studiare, mantengono la loro efficacia ancora oggi!
Alcune riflessioni:
– La disponibilità e l’accoglienza offerta da queste biblioteche ai giovani studenti è altamente meritoria, soprattutto perché l’afflusso di questo tipo di utenza testimonia la scarsità di luoghi pubblici adatti alla lettura che siano a disposizione di chi non può permettersi di studiare in un luogo personale e privato.
– Mi chiedo però dove siano gli studiosi – se mai ce ne sono più – coloro i quali dovrebbero occuparsi di studiare i libri antichi conservati in queste biblioteche, per conoscere e valorizzare tutta la cultura che ha prodotto il nostro Paese.